The Impossible First

The Impossible First.

Antartide: immensa calotta polare, vasta 14.000.000 kmq ricoperta di ghiaccio per il 98% della superficie, dal clima ancor più rigido rispetto all’opposto Polo Nord: le temperature toccano alcuni gradi sotto lo zero e si originano venti che provocano violentissime bufere di neve. È un’unica e compatta coltre di ghiaccio dallo spessore medio di 1600m, dalla quale  si staccano e navigano sul mare degli enormi pezzi, gli iceberg (nel 1927 ne venne avvistato uno lungo 160 km).

È il continente più freddo, inabitabile e remoto della Terra.

Un giovane originario dell’Oregon, nel 2008, ha il 25% del corpo ustionato a causa di un incidente avvenuto durante una festa in spiaggia, dopo aver provato a saltare una corda incendiata.

È ferito gravemente, di fronte ad una sedia a rotelle perché secondo i medici, non potrà più camminare.

Un luogo e uno sfortunato avvenimento; quale legame possono avere?

L’anello di congiunzione si chiama Colin O’ Brady, che fece la sua promessa più importante: tornare a camminare.

Ma non si è limitato a tornare a camminare.

Dopo il periodo di riabilitazione, ha partecipato alla sua prima gara di Triathlon.

Ha scalato montagne.

Ha attraversato l’Antartide da solo, a piedi, in 54 giorni. 1600 km immerso nella neve, trainando una slitta che conteneva viveri e il necessario per la sua sopravvivenza, che pesava ben 180 kg.

Un’impresa, per chi sceglie di intraprenderla, che diventa unica perché portata a termine proprio da lui.

Una spedizione soprannominata “The Impossible First”: dall’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico, dalla barriera di ghiaccio delle Ronne alla banchina di Ross, passando per il Polo Sud.

Ecco come andò:

Partì il 3 Novembre 2018 per la missione che l’avrebbe trasformato nel primo uomo al mondo ad aver attraversato l’Antartide da solo, senza alcun tipo di supporto e senza rifornimenti.

Fu un un viaggio difficile per il giovane 33enne a causa della fatica, del freddo e della solitudine. Le difficoltà, i pensieri, gli imprevisti, i disguidi, inasprirono un’avventura resa già complessa dall’inospitalità dei luoghi.

Consideriamo la problematicità nel percorrere i sastrugi, irregolarità taglienti del suolo nevoso o congelato, generate dalla fortissima azione del vento; il termometro che puntava decine e decine di gradi sottozero; la stanchezza; il vento ghiacciato che non solo modellava la superficie, ma rendeva anche difficile l’avanzamento, data la sua potenza e la scarsa visibilità che ne conseguiva. La solitudine, il non poter condividere i pensieri e le paure con nessuno…

Il 12 Dicembre si trovava al Polo Sud. Mantenne una media di 30 km al giorno, ma ne percorse anche 40, camminando per 12 ore al giorno.

Il suo tragitto poteva essere seguito dal suo sito che lo teneva monitorato tramite il segnale GPS.

Come se tutto ciò non bastasse, Colin O’ Brady ci ha regalato un finale grandioso, scrivendo una storia nella storia: ha camminato 130 km negli ultimi due giorni di viaggio, con uno sforzo talmente intenso da essere 5 volte superiore ai suoi ritmi. Le 32 ore finali le ricorda come le più impegnative della sua vita, ma anche come le più belle.

Era concentrato nel raggiungere l’obiettivo che vedeva sempre più vicino, nonostante la fatica accumulata nell’intero viaggio.

Ed è così che concluse la sua impresa, il 26 Dicembre 2018, tre giorni prima del suo collega di avventura Louis Rodd, che raggiunse il traguardo il 29 Dicembre.

Rodd quindi è il secondo uomo nella storia ad aver compiuto la traversata, portando con sé la bandiera dell’amico Henry Worsley che anni prima era deceduto a poche miglia dall’obiettivo, tentando di portare a termine la medesima impresa.

L’incontro tra i due alla fine della missione, fu segnato dalla vicinanza per aver vissuto le stesse emozioni e le stesse fatiche, dall’amicizia, dai complimenti reciproci, dai sorrisi di soddisfazione e da sincere congratulazioni.

Un’avventura che se vissuta in due, genera “Un profondo legame, destinato a durare tutta la vita”.

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