PLASTICA: un problema di oggi per il futuro di domani.
Nel seguente articolo parleremo di una delle piaghe che il nostro Pianeta si sta, da anni, ritrovando ad affrontare: il consumo smodato di plastica.
Quest’ultima sta letteralmente soffocando la nostra Terra e inquinando i nostri mari. Sta all’uomo risolvere ciò che la sua stessa specie ha provocato.
Ma andiamo con ordine.
La plastica ha trovato enorme diffusione nell’immediato secondo dopo guerra. La sua resistenza, la sua versatilità, il suo poter essere rigida o elastica, la facilità nel mantenerla pulita e le sue molteplici funzioni si sono rivelate vincenti al punto tale che oggi è possibile trovarla ovunque. Siamo circondati, il nostro occhio è abituato a vederla in continuazione e, purtroppo, non ci stupiamo nemmeno più nel trovare imballaggi dove non servono o doppi involucri di plastica laddove uno solo sarebbe sufficiente.
Molti contenitori di plastica sono delle meteore nella nostra vita: vengono prodotti, venduti, arrivano nelle nostre case e vengono smaltiti in men che non si dica. Purtroppo il nostro Pianeta non è altrettanto veloce: lo stesso contenitore che gettiamo quando non ci serve più resiste per centinaia di secoli. Talvolta anche millenni. Talvolta anche per sempre. Le caratteristiche che hanno reso la plastica tanto apprezzabile, come la resistenza e la durata nel tempo, diventano svantaggi quando non ci è più utile. Perché essa resta, appunto.
E ora ragioniamo insieme.
Negli scorsi decenni venivano prodotte circa 15 milioni di tonnellate di plastica annualmente, nel mondo. Oggi parliamo di 315 milioni di tonnellate l’anno, delle quali ben 8 milioni finiscono negli oceani.
Questo perché il riciclo della plastica ha tassi molto bassi: in Europa il 30% del materiale si riesce a riciclare, il 31% viene dirottato nelle discariche e il 39% viene bruciato. La percentuale della plastica incenerita equivale a 10 milioni di tonnellate annue e questa pratica comporta la produzione di 400 milioni di tonnellate di CO2.
Come se non bastasse, il WWF ha stimato che il 28% dei rifiuti viene gestito scorrettamente, motivo per cui pullulano discariche abusive e l’erba dei nostri prati e l’acqua dei nostri oceani è costellata da materiali di scarto, giunti nell’ambiente a causa dello scarso senso civico dell’uomo, che passeggiando si libera di un rifiuto gettandolo a terra, al pari di un’industria che non smaltisce responsabilmente.
Il risultato? Isole di plastica.
Nell’Oceano Pacifico un abnorme accumulo di detriti (si parla di 3 milioni di tonnellate di plastica su un totale di 100 milioni di tonnellate di spazzatura!) ricopre una vastissima area, uguale al 5% dell’intero Oceano!
Dunque? Infinite micro-particelle tossiche rilasciate dai rifiuti ammalano (quando non uccidono) i pesci e gli altri abitanti dei nostri mari.
Quando invece si tratta di pezzi di dimensioni più grandi, vengono scambiati per cibo dagli animali che alla fine muoiono soffocati, o incastrati tra i detriti. Oltre 700 specie marine sono a rischio di estinzione…
E non è logicamente un problema che riguarda solo il regno animale: la plastica è entrata indirettamente e con effetti devastanti nella catena alimentare al vertice della quale c’è l’uomo. Egli si nutre dei pesci che, loro malgrado, ingeriscono plastica. Ma attenzione, la plastica che rischia di arrivare nel nostro organismo deriva fonti innumerevoli e poco controllabili: un recente studio commissionato dal WWF (“Assessing Plastic Ingestion from Nature to People“) e svolto dall’Università del Newcastle (Australia), ha realizzato che l’uomo può arrivare ad ingerire 5 grammi di microplastiche a settimana. Praticamente, una carta di credito! E gli effetti sulla nostra salute non sono ancora noti.
Si tratta di micro-frammenti di plastica che provengono ad esempio dall’acqua in bottiglia o da quella che esce dai nostri rubinetti, anche se è doveroso specificare che il livello di inquinamento dell’acqua per alimenti dipende dal luogo in cui si vive. L’acqua degli Stati Uniti e dell’India è doppiamente contaminata rispetto a quella dell’Europa.
Ma quali sono i Paesi che producono maggiori quantità di materiale plastico?
L’Europa si piazza in uno scomodo secondo posto, dopo la Cina. E, in Europa, l’Italia è seconda alla Germania.
Nonostante questo triste dato, un merito va riconosciuto: ci si sta impegnando in tutto il mondo (e anche nel nostro Paese) a limitare l’uso della plastica e a sensibilizzare le persone nei confronti di questo tema.
Secondo il ministro dell’ambiente Sergio Costa, il problema deve essere affrontato in tutte le sue fasi: progettazione dei prodotti, produzione, consumo, riciclo. L’attenzione non va quindi posta solamente su un corretto smaltimento, ma su un uso responsabile del cittadino e su una produzione limitata, regolata ed intelligente. Direttive nazionali ed internazionali si stanno appunto interessando per contenere o addirittura vietare l’uso di alcune plastiche per incoraggiare una sensibilità e un comportamento responsabile nei confronti del tema.
Abbiamo esordito dicendo che la plastica è ovunque, e avercene a che fare è diventato talmente normale che è difficile rendersi conto del danno che involontariamente provochiamo al nostro Pianeta.
Le abitudini, si sa, sono dure da scalfire, ma è davvero indispensabile cambiare rotta, oggi più che mai, agendo concretamente per la salute della Terra e del nostro stesso corpo. Sfidiamoci e cimentiamoci. La Terra deve essere curata da tutti noi.
Ecco alcuni spunti da cui poter partire:
- Non acquistare al supermercato prodotti avvolti da imballaggi inutili: è preferibile acquistare frutta e verdura sfuse;
- Non utilizzare sacchetti di plastica monouso nei supermercati, ma portare da casa borse in tela per trasportare la spesa;
- Eliminare le bottiglie di plastica e bere acqua sfusa. L’Italia è al terzo posto nel mondo per il consumo di acqua in bottiglia: vengono prodotte oltre 9 miliardi di bottiglie l’anno, e appena 1/4 riesce ad essere riciclato;
- Non utilizzare materiale plastico usa e getta: cannucce, posate o bicchieri;
- Utilizzare spazzolini in bambù! Una volta invecchiato, il manico può essere smaltito nei rifiuti umidi organici (togliendo le setole). Lo stesso vale per altri oggetti per la propria cura come spazzole o pettini in legno;
- Utilizzare contenitori riutilizzabili per i pranzi fuori casa;
- Approfittare dei punti vendita presenti in città che commerciano detersivi green alla spina! Ricordiamo che quando acquistiamo un prodotto, ad esempio per pulire la casa, paghiamo in alta percentuale anche il suo contenitore. Il web pullula di tutorial che spiegano come preparare prodotti totalmente naturali per l’igiene personale e per la cura della casa, molti a base di bicarbonato di sodio. Il nostro Pianeta e il vostro portafoglio, ringrazieranno!
- Preferire i tovaglioli di stoffa a quelli di carta, per il semplice fatto che sono imballati in buste di plastica. Lo stesso vale per i fazzoletti.
- Scegliere capsule per caffè che si possono compostare, macchine che macinano i chicchi o semplicemente la moka. Nei nostri oceani galleggiano milioni di capsule di plastica per caffè.
- Organizzare in compagnia passeggiate nelle spiagge o nei boschi per ripulire l’ambiente dai rifiuti che inciviltà e diseducazione hanno condotto fino a lì.
Per altre idee ecologiche e rispettose dell’ambiente, ti invitiamo ad ascoltare l’interessante storia di Stevie Van Horn, che vive senza produrre rifiuti:
Se ognuno di noi si impegnasse nel proprio piccolo, diventerebbe grande il progetto di curare la nostra Terra.
Il team di Yowalk tiene alta la bandiera del riciclo: ogni singolo pezzo viene visionato, valutato e scartato in caso di difetto: in questo caso, le tavole vengono macinate in piccoli frammenti e rimesse a disposizione per una diversa, nuova produzione. Inoltre, viene chiesto ai clienti di non liberare la Feetboard™ Yowalk nella plastica tradizionale, ma di contattare l’azienda qualora volessero smaltirlo.
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