Dave Kunst: “Ho logorato 21 paia di scarpe”.
Ogni avventuriero degno di questo nome si è cimentato nella propria ed unica esperienza di viaggio a piedi in giro per il mondo, spesso in solitaria.
Molti utilizzano i propri canali social per permettere al pubblico di seguirli durante i vari spostamenti o per aggiornare il blog di viaggio.
E proprio sul web la loro evasione viene raccontata, divulgata e presa come fonte di ispirazione da altri avventurieri con la stessa passione.
Eppure, esiste un primo viaggiatore, il cui viaggio è stato verificato e certificato, che ha girato il mondo a piedi, lontano dall’era di internet e dell’iperconnessione in tempo reale. Stiamo parlando di Dave Kunst, classe 1939, del Minnesota.
La sua storia è affascinante, a tratti struggente e con un finale da film.
Il 20 giugno 1970 Dave partì dalla sua città natale, la contea del Waseca (Stati Uniti) insieme al fratello John e al loro asino Willi, che trasportava l’attrezzatura da campeggio necessaria.
Una volta giunti a New York, i fratelli lasciarono Willi e sorvolarono l’Oceano Atlantico fino al Portogallo, da dove continuarono a piedi, accompagnati da un secondo mulo.
In Europa fecero due incontri speciali: a Monaco conobbero la principessa Grace e in Italia Thor Heyerdahl.
Eppure, il viaggio che fino a quel momento aveva avuto il sapore della conquista, della scoperta e dell’avventura, in Afghanistan virò in tragedia: il 21 ottobre 1972 John venne ucciso da alcuni banditi che tesero a lui e al fratello un’imboscata sulle montagne dell’Indu Kush. Credevano, infatti, che nel carretto trainato dall’asino ci fosse anche del denaro.
Un viaggio spezzato da un evento drammatico, che non sarebbe mai dovuto accadere, che distrusse i sogni e le speranze di John e che lasciò Dave solo e ferito al petto. Ma soprattutto, provato dalla predita del fratello, che appena qualche tempo prima disse a Dave una frase che si rivelò premonitrice: “Adoro questo cammino e se muoio girando a piedi per il mondo puoi dire a mamma e papà che sono morto felice”.
Dave impiegò circa quattro mesi per riprendersi dalle ferite.
Che volesse cercare di sanare anche le ferite dell’anima, quando decise di riprendere il viaggio dal punto in cui suo fratello John fu ucciso? Forse.
Le motivazioni che spingono un viaggiatore a liberarsi nel mondo sono molteplici, personali, ma soprattutto, forti. E nessuno dubita che Dave avesse una motivazione ancora più radicata e tenace, dopo la morte del fratello John.
“La morte di John a 25 anni è stata uno spreco, ma quanti hanno fatto in tutta la loro vita le esperienze che ha fatto lui in due anni e mezzo?”
C’è anche da considerare che durante il suo pellegrinaggio, Dave chiedeva alle persone che incontrava, donazioni per l’UNICEF. Un cammino che aveva un filo conduttore dedito alla beneficenza.
E quindi, ripartì, il 26 marzo 1973 ; questa volta scelse come compagno di cammino l’altro fratello, Peter, e proseguirono diffondendo messaggi di uguaglianza e fratellanza tra tutti i popoli della Terra.
Vennero bloccati poco dopo la loro (ri)partenza, perché gli fu negato l’accesso all’URSS e così cambiarono rotta. Giunsero in India, un Paese caotico che attraversarono con grande fatica e difficoltà, e da qui volarono verso l’Australia, salutando il loro secondo asino e recuperandone un terzo una volta atterrati.
Fu in questo Paese immerso nella natura e illuminato a giorno anche nelle ore notturne grazie alla luce delle stelle, lontani dalla frenesia e dai rumori, che poco dopo, Peter decise di fare ritorno a casa, concludendo la sua esperienza.
Dave invece non mollò, continuò il suo cammino nonostante la partenza di Peter, nonostante poco tempo dopo fu costretto a trasportare da solo le attrezzature e le provviste perché il suo mulo morì.
Il viaggio si fece comprensibilmente pesante, sia dal punto di vista emotivo che dal punto di vista fisico.
Era particolarmente faticoso camminare in quelle condizioni, trascinando i suoi averi dalla portata impegnativa e scomoda. Il tutto era così arduo e disagevole che Dave stava per abbandonare lungo la strada i bagagli. E qui, entrò in gioco Jenni Samuel, un’insegnante del luogo incontrata per caso, che trainò con la sua automobile il carico di Dave, mentre lui le camminava a fianco. Il destino condusse la strada di Dave e l’avvicinò a quella di Jenni.
Un solo minuto in più e i due non si sarebbero mai incontrati.
In seguito, per la prima volta da quando partì, si ritrovò solo. Senza fratelli, senza amore, senza i suoi asini. Mentre i suoi passi andavano avanti, il suo cuore e la sua mente guardavano dietro di sé, verso ciò che avevano lasciato.
Dave varcò tutto il continente australiano fino ad arrivare all’Oceano Pacifico. Arrivato sulla costa, prese un altro aereo che lo condusse a Los Angeles e da qui fece ritorno al luogo di partenza, Waseca, il 5 ottobre 1974, con alle spalle un percorso lungo i 4 continenti: 13 Paesi attraversati in 4 anni, 3 mesi e 16 giorni.
14.452 miglia di vita itinerante.
21 paia di scarpe consumate.
Ma Dave riconobbe in Jenni la donna della sua vita. E tornò da lei in Australia.
“Ho compiuto venti milioni di passi. Ho dimostrato una cosa a me stesso: se un essere umano fissa degli obiettivi, può camminare per il mondo”.
Dave Kunst